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James Gray è un grande

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Cos’hanno in comune i Clash, la mafia russa, New York, Alfred Hitchcock e Alberto Moravia? James Gray. Chi è James Gray? James Gray è un grande.

James Gray dice che Gwyneth Paltrow è il modello di donna irraggiungibile. James Gray dice che un primo piano di Kim Novak ne La donna che visse due volte lo fa piangere ogni volta che lo rivede. James Gray dice che la New York dei primi anni 80 gli manca. Ma gli manca anche quella di oggi, visto che è stato costretto a traslocare a Los Angeles, per soldi.

James Gray è un grande. Ma non tutti sono d’accordo. Del suo ultimo film uscito nelle sale, lo splendido We own the night (I padroni della notte), il NY Post scrive che è “troppo lento per essere un piacere proibito, troppo stupido per essere un piacere consentito”; Richard Roeper dice che è “una cattiva parodia di un western”. A Little Odessa, il primo lungometraggio di Gray, Roger Ebert dà solo due stelline; The Yards, forse il suo film migliore, è stroncato da Washington Post, Rolling Stone, Entertainment Weekly.

Stronzate. James Gray è un grande. Lavora sulle superfici senza tempo del cinema, su referenti impolverati, sul rigore asciutto del testo contro i giochi linguistici e i cerebralismi più hip dei nostri giorni e ci regala intere sequenze da studiare, corpo a corpo estremo tra spettatore e film.

E il suo ultimo film, Two Lovers, lo ha scritto per Gwyneth Paltrow.

La conoscevo da diversi anni ma non avevo capito che grande attrice fosse. Lei è del tutto consapevole dei brutti film in cui ha recitato. Sì, l’ho scritto per lei. Lei crede che questa sia una cosa ridicola ma te la dico comunque. Quando ero giovane – adesso è diverso, sono sposato – sapevo che non sarei riuscito ad uscire con una come, diciamo, Gisele Bundchen. Ma c’era comunque una infinitesima possibilità che potesse accadere. La sola donna con cui sapevo di non avere neppure la più piccola possibilità era Gwyneth Paltrow. Lei stava con tipi come Brad Pitt e Ben Affleck e ora è sposata col cantante del gruppo Coldplay, Chris Martin. Ecco perché volevo che fosse suo: l’intoccabile, la donna completamente fuori dalla tua portata. Eccetto forse che per Joaquin [Phoenix], che è incredibilmente fortunato con le donne.

Lo dice James Gray in una lunga e bella intervista nel numero di novembre dei Cahiers du Cinema.

Sono cresciuto nel Queens e passavo tutto il tempo al cinema, saltando la scuola. I miei professori pensavano che fossi lento e volevano mandarmi a una scuola speciale. Così mi hanno fatto fare dei test e contro ogni previsione ho fatto un punteggio molto alto e tre anni dopo ho ottenuto una borsa di studio per l’USC. Questo mi ha salvato la vita. Tutta la gente con cui andavo a scuola allora è morta o è in prigione. […] Prendevo ogni volta la metro per andare a Manhattan […]. E’ buffo pensare che posto pericoloso fosse New York a quel tempo [i primi anni ottanta]. All’angolo tra la 46° Strada e l’8° Avenue c’era un cinema chiamato Hollywood Twin, un vecchio cinema porno che avevano trasformato in una sala per film di repertorio. Quello era un quartiere davvero pericoloso in quegli anni. Oggi New York non è più un posto pericoloso. E mi mancano quei tempi. Quello che mi manca è la cultura di strada. Sono un grande fan dei Clash e ho usato The Magnificient Seven in un mio film, uno dei primi pezzi rap nel 1981, ispirato da qualcosa che i Clash avevano sentito per le strade di New York nel 1979. E tutto questo è andato, adesso. A meno che la crisi di Wall Street non cambi di nuovo tutto.

 

Dice che gli è capitato di vedere La finestra di fronte mentre era in ospedale per un piccolo intervento. Bisognerebbe guardare più Hitchcock. Non vedeva La donna che visse due volte da vent’anni quando l’ha proiettata per la troupe di Two Lovers: “solo per Jimmy Stewart che si innamora di un’immagine idealizzata”.

Più o meno a due terzi del film Stewart incontra Kim Novak per strada e la riconosce, vanno in una camera d’albergo e subito prima di un flashback lei gira la faccia verso la macchina da presa. Non so perché, ma in quel momento io scoppio in lacrime. Una delle ragioni per cui Vertigo è così grande e così emotivamente vero è che il film convalida lei come persona. Lei diventa una persona importante così come lo è lui.

Il pessimismo di James Gray è titillato da Moravia e Bertolucci:

Prima di ogni ripresa proietto un po’ di film alla troupe. Abbastanza stranamente, quasi sempre faccio vedere Il Conformista, anche se il film di Bertolucci non ha apparentemente nulla in comune con Two Lovers. […] Il Conformista è un film che attrae il mio lato pessimista. E’ un film su come le persone sono influenzate dai gruppi, sulla distruzione di un’anima dominata dal conformismo. Fondamentalmente, l’arte parla di una sola cosa: l’essere umano affrontato dalla sua stessa mortalità.

James Gray odia i commenti audio negli extra dei dvd:

Odio quei commenti che dovrebbero spiegare di che tratta il film. Ma i produttori li amano; è quello che vende. La gente dovrebbe lasciare che i film siano quello che sono: cose viventi, cose che respirano. Ricordo che rimasi seccato da quello che diceva Spike Lee in un commento a Fa’ la cosa giusta, che è un film che ammiro.

Francis Ford Coppola è il mito di James Gray:

Francis è il mio mito. E’ grazie ad Apocalypse Now che ho capito davvero cosa voleva dire essere un filmmaker. Grazie ad Apocalypse Now eToro Scatenato, i l primo nell’agosto del 1979 e il secondo nel 1980. […] Dovevo avere più o meno dieci anni quando l’ho visto per la prima volta e Apocalypse Now ha cambiato il mio modo di sentire nei confronti del cinema.

James Gray vuole il controllo sui suoi film:

Nessuno dei film che ho fatto finora sono stati interamente finanziati dagli studios. […] Col tempo sono diventato un po’ ossessionato dall’avere il completo controllo dei miei film. Non posso tollerare che qualcuno cambi quello che avevo in mente. In Two Lovers ho avuto il controllo dall’inizio alla fine. E’ un film molto più piccolo dell’ultimo che ho fatto, ma sono state le migliori riprese della mia carriera. Ventinove giorni a Brooklyn, le migliori riprese della mia vita.

 

James Gray non è amico della polizia:

[We own the Night] è un film davvero cupo. Ricordo le interviste a Cannes; i giornalisti dicevano che era un film pro-polizia, bla bla bla. Non dico che avevano torto. Forse ho fatto qualche errore. Ma non era mia intenzione. Volevo mostrare che le persone possono fare la cosa giusta nei confronti della società e tuttavia sacrificare quello in cui credono davvero, in sostanza. Joaquin [Phoenix] voleva cambiare il finale, credeva che quest’aspetto del film fosse troppo evidente. E poi la gente ha pensato che era un film pro-polizia!

James Gray ama Mark Wahlberg:

Mark Wahlberg è davvero un grandissimo attore. Sai perché è così bravo? Perché ha pathos. Ma quando gli affidano un ruolo sbagliato può essere davvero pessimo. E questa è colpa di Hollywood: non sanno più come si fa un film con coscienza di classe. Wahlberg proviene dal ceto medio-basso, è stato in prigione ed è una persona di buon senso. Come astronauta nel Pianeta nelle Scimmie è perduto, non ha alcun senso.

James Gray dice che le mode sono effimere e la sperimentazione è finita:

I miei film sono molto conservatori in superficie. Ciò non vuol dire che io sia un conservatore. Ma i miei film sono piuttosto classici nella struttura. Questo è uno dei motivi per cui non credo sia una buona idea continuare ad andare a Cannes […]. Penso che gli Americani che ci vanno – la stampa – cercano soprattutto un certo tipo di sperimentazione strutturata. I miei film non sono così. Funziona per Gus Van Sant, per Paranoid Park o Elephant, che è quasi come un film di Bela Tarr. Per me, la superficie del film è deliberatamente convenzionale.

Non sono interessato alle tendenze. Il mio sogno è fare film che la gente può vedere, capire e persino apprezzare tra cinquant’anni. Clichè e tendenze spariscono col tempo una volta che il contesto culturale è scomparso.

Per esempio, il mio film preferito di Tarantino è Jackie Brown: puoi sentire che a lui piace davvero Pam Grier e a me piace chi prende una posizione estetica ed etica. Il “fattore sperimentale” tocca solo la superficie non ciò che il film è in profondità. E in ogni caso non c’è più sperimentazione nel cinema. Derek Jarman ha messo fine a tutto. Hai visto Blue? Vedi uno schermo blu per un’ora e mezza. Non puoi andare più in là di quello. Come nella pittura: che puoi fare dopo l’espressionismo astratto? Dopo Lucio Fontana? Jean-Pierre Melville ha detto una cosa bellissima sulla questione, ci vuole più fegato e talento per fare un film classico che uno moderno. Ed era il 1970-71.

Dopo Two Lovers (che sarà di sicuro bellissimo) il suo prossimo film sarà su un tizio – Percy Fawcett – che ai primi del ‘900 è andato in Amazzonia per scoprire una città d’oro ed è uscito di senno. Pare che ci sarà Brad Pitt.

New York è troppo costosa. Ho una moglie e due figli e ho bisogno di una casa con più camere da letto. Non mi piace Los Angeles; mi manca New York. Forse ci ritorno. Farò qualche spot, poi il film con Brad Pitt e poi forse avrò abbastanza soldi. […] Los Angeles ha tutto ma non c’è niente da scoprire lì. Non puoi camminare e sentire d’un tratto qualcuno che suona l’arpa. O passare da una libreria e vedere una finestra con un libro sul pittore Reginald March […]. A Los Angeles devi sapere cosa cerchi, prendere la macchina… Non è il tipo di vita che voglio per i miei ragazzi. Mi piacerebbe tirarli su in un ambiente dove possono osservare e scoprire cose. Los Angeles fa male alla creatività, questa è la mia teoria.

E noi siamo d’accordo con James Gray.

James Gray è un grande.


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